La HSBC bank di Hong Kong

La città di Hong Kong può senza dubbio fregiarsi del titolo di "grande mela" cinese, sottraendo persino il titolo alla dinamica e certamente altrettanto verticale Shanghai. Se a quest’ultima non mancano certo i grattacieli è forse nell’evoluzione storica del tessuto urbano che la città di Hong Kong può raccontare una storia che ricorda da vicino quella newyorkese. Passeggiando per le sue strade si avverte una stratificazione del costruito che attraversa almeno un secolo, da alcuni edifici più minuti pallida eco orientale dell’Art déco sino alle ipertrofiche costruzioni degli ultimi decenni che si slanciano fino a voler toccare il cielo. Nel mezzo di questo racconto si colloca proprio uno dei massimi risultati di quell’architettura High Tech che segnava la svolta verso un nuovo modo di pensare l’architettura stessa. La sede della HSBC Bank rappresenta uno di quei lavori che hanno consentito l’affermazione dello studio Foster and Partners sulla scena architettonica internazionale.

L’edificio realizzato tra il 1979 e il 1985 era il sogno di ogni architetto, una costruzione praticamente senza limiti di budget, per la quale i committenti avevano avanzato la sola richiesta di mettere in gioco quanto di meglio il mercato delle costruzioni potesse offrire in quel momento, di creare insomma l’edificio per uffici più tecnologicamente avanzato del mondo. Norman Foster raccolse la sfida e sviluppò assieme al suo team un concept rivoluzionario che prevedeva innanzi tutto di liberare il piano basamentale dell’edificio e di regalarlo alla città. Fu creata così un’incredibile piazza coperta che metteva in comunicazione i due fronti dell’edificio il cui centro focale consisteva in due incredibili scale mobili per la salita e discesa all’interno dell’edificio. La copertura di tale spazio era affidata ad una avveniristica vetrata curva che metteva in comunicazione l’atrio con la piazza sottostante e che permetteva la realizzazione del secondo punto cardine del progetto: l’utilizzo della luce naturale.

Entrando nell’atrio, di fatto, si percepisce con chiarezza quanto la luce rivesta un ruolo fondamentale: l’edificio è svuotato al suo interno, una suggestiva voragine architettonica crea uno spazio di dimensioni imponenti dal quale è possibile scorgere le attività della banca stessa senza però intralciarle. Il vuoto permette allo stesso tempo di far comunicare le vetrate sui due fronti dell’edificio e di lasciare che la luce illumini questa cavità interna. Questa configurazione spaziale risulta possibile soprattutto grazie alla grande concezione strutturale che è stata messa in atto nella costruzione del grattacielo. La struttura portante in acciaio è stata estroflessa, facendo bella mostra di sé nell’esterno e diventando di fatto il motivo principale della facciata e lasciando libera la configurazione planimetrica degli interni.

L’Architetto Norman Foster non mancò di confrontarsi anche con la tradizione locale cinese ma lo fece da un punto di vista soprattutto concettuale. Per l’ideazione del concept stesso dell’edificio il team si avvalse della collaborazione di un esperto locale di feng shui disciplina sviluppatasi proprio nella città di Hong Kong. Quest’antica arte geomantica cinese che insegna ad organizzare lo spazio abitativo in modo armonico e benefico per la salute fisica e mentale fu alla base di alcune scelte logistiche e spaziali dell’edificio della HSBC come ad esempio la disposizione inclinata delle scale mobili di accesso che, come baffi di un dragone, dovevano convogliare all’interno dell’edificio tanto la buona sorte quanto i soldi degli investitori. Un’architettura che ancora oggi, a distanza di più di trent’anni, ci parla delle sfide a cui la progettazione va incontro, ci racconta la difficoltà di coniugare antico e moderno, tradizione e innovazione. Un edificio che è invecchiato bene o che forse, a dirla tutta, non è invecchiato affatto come d’altronde tutte le vere architetture degne di questo appellativo.